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Endometrioma | Endometriosi ovarica

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Endometrioma | Endometriosi ovarica

L’endometriosi ovarica può presentarsi sotto forma di lesioni superficiali e/o profonde. L’endometriosi superficiale dell’ovaio di solito è costituita da piccoli focolai nodulari o microcisti a livello della corticale ovarica il cui diametro può raggiungere pochi millimetri. Queste localizzazioni possono avere un aspetto tipico, bluastro o nerastro o atipico, e apparire sotto forma vescicolare, a fiamma o di cictrici bianche. L’endometriosi profonda dell’ovaio è costituita invece da cisti a contenuto emorragico, che crescono nel contesto dell'ovaio distendendolo e che possono raggiungere anche dimensioni ragguardevoli. Raramente superano il diametro di 15-20 cm , hanno pareti spesse e un contenuto ematico denso e piceo che le ha fatte per un lungo tempo definire “cisti cioccolato”. L'endometriosi si limita alle ovaia solo nell’1% circa dei casi, più comunemente coinvolge più distretti simultaneamente.

 

Introduzione

L’endometrioma, isolato o associato ad altre lesioni, è la localizzazione più frequente di Endometriosi e colpisce fino a un 44% delle donne affette dalla malattia. La cisti endometriosica o endometrioma, soprannominata anche “cisti cioccolato” dal pioniere dell’endometriosi John A.Sampson negli anni ‘80, è ripiena di un liquido denso di colore marrone cioccolato. Tale liquido è perlopiù composto da istiociti carichi di emosiderina ed altri prodotti sanguigni emolizzati (colloquialmente chiamato sangue “vecchio”), proveniente da tessuto endometriale dislocato al di fuori della sua sede naturale che ciclicamente si accumula in corrispondenza del ciclo mestruale. La cisti è rivestita quindi da endometrio, rivestito a sua volta da parenchima ovarico sano più o meno assottigliato a seconda del volume della cisti. L’endometriosi ovarica comprende localizzazioni ovariche superficiali puntiformi (massimo 5mm), più profonde(endometriomi) (90% dei casi), di volume variabile, da alcuni centimetri fino a 10-20 cm e la malattia è bilaterale in un terzo dei casi.

 

Eziologia

L’eziologia dell’endometriosi ovarica è ancora sconosciuta ed è oggi oggetto di controversie.
Una prima ipotesi fu postulata per la prima volta nel 1921 da John Sampson(1873-1946), un ginecologo statunitense la cui teoria dell’impianto di cellule endometriali per mestruazione retrograda è attualmente la più accreditata. Secondo tale ipotesi, durante il flusso mestruale, una parte di tessuto endometriale seguirebbe un percorso inverso risalendo nelle tube per poi attecchire e svilupparsi in altre zone pelviche/addominali. Questa teoria spiega la preferenza dell’endometrioma per l’emipelvi di sinistra, occupata dall’intestino e responsabile del ristagno e del possibile impianto di tessuto endometriale rigurgitato. Successivamente Hughesdon e Brosens ipotizzarono che l’endometrioma fosse il risultato di una progressiva invaginazione e duplicazione della corteccia ovarica causata dal sanguinamento di localizzazioni di endometriosi superficiale osservate in corrispondenza del punto di inversione. Nisolle e Donnez furono invece i sostenitori della teoria metaplastica dell’epitelio corticale ovarico invaginato. Più recentemente infine si è ipotizzata una possibile origine secondaria a formazioni cistiche funzionali appartenenti alla fase luteinica del ciclo mestruale.
Come altre malattie croniche complesse, l’ipotesi comunque è che l’origine sia multifattoriale. Potenziali fattori precipitanti includerebbero: predisposizione ereditaria, mutazioni epigenetiche, disfunzioni immunitarie/endocrine e fattori ambientali.

 

Fattori di rischio

Madre o sorella affette da endometriosi (x 6)
Menarca (inizio delle mestruazioni) precoce
Nulliparità
Cicli mestruali abbondanti o frequenti, o che durano più di 7 giorni
Imene imperforato, aplasia congenita, Sindrome di Mayer-Rockitansky-Kuster-Hauser(MRKH)
Malformazioni uterine: utero settato, utero bicorne
Fibromi uterini
Endometriosi profonda, peritoneale superficiale (solo appena l’1% delle pazienti presentano esclusivamente endometriosi ovarica)


L’endometriosi ovarica appare essere più frequente in pazienti che presentano stadi severi (stadi III e IV) della malattia. Medicinali che contengono dosi soprafisiologiche di ormoni possono influenzare la crescita degli endometriomi. Per esempio, donne sottoposte a trattamenti di fecondazione in vitro o altri trattamenti ormonali che stimolano la produzione follicolare ovarica sono ad alto rischio per lo sviluppo o l’aumento volumetrico di endometriomi pre-esistenti. Diversi studi sui fattori ambientali sono inconcludenti ma alcune ricerche recentemente hanno evidenziato un rischio aumentato di endometriosi nelle donne esposte a Dietilstibestrolo in utero.

 

Sintomi

Nonostante la sintomatologia spesso riferita dalle donne, l’endometriosi ovarica può essere asintomatica o subclinica in molti casi. Il sintomo più frequente è il dolore pelvico, tipicamente ciclico, che si verifica soprattutto durante il periodo mestruale. L’endometriosi è infatti attualmente la causa più frequente di dismenorrea (dolore durante il ciclo mestruale) secondaria. Esistono però altri sintomi in particolare quando l’endometrioma si associa alle altre forme di endometriosi (profonda e peritoneale) come il dolore al di fuori del periodo mestruale, durante o post-coitale, anomalie del ciclo mestruale, anomalie dell’alvo (stipsi, diarrea), dolore durante la defecazione, dolore durante la minzione, presenza di sangue nelle urine o nelle feci, cistiti ricorrenti. L’endometriosi è associata ad infertilità nel 30-50% dei casi e il 25-50% delle donne infertili è affetta da questa patologia.
Come già visto in precedenza, l’endometriosi può essere causa di gravi condizioni che richiedono assistenza medica urgente. Una possibile complicanza acuta è la rottura dell’endometrioma, considerata come condizione medica urgente. I sintomi in questo caso consistono in: forti dolori pelvici generalizzati, difesa addominale, perdita di sangue dalla vagina, febbre, nausea e vomito. Nella maggior parte dei casi è richiesto un approccio chirurgico urgente.

La presenza di uno o più endometriomi nella maggior parte dei casi presuppone forme estese, di grado “moderato” (III stadio) e “grave” (IV stadio) della malattia.
L’endometriosi è stata recentemente inserita nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti. L’impatto socio-economico di questa malattia è alto ed è connesso alla riduzione della qualità della vita e agli alti costi sanitari diretti e indiretti.
Nel 2007, uno studio effettuato in 12 centri di terzo livello in 10 nazioni con il supporto della World Endometriosis Research Foundation (WERF) ha stimato i costi della malattia associandone una valutazione della qualità della vita delle pazienti. I risultati di questo studio hanno dimostrato che:

56% delle pazienti riportano problematiche associate al dolore
36% riportano problematiche associate ad ansia/depressione
29% riportano disagi nell’eseguire attività abituali

E’ stato stimato che le donne affette da endometriosi hanno in media un peggioramento della qualità della vita pari al 19% rispetto a donne con stato di salute ottimale e che solo il 24% delle pazienti non riporta alterazioni della propria qualità della vita dopo l’insorgenza della malattia. L’endometriosi ha dunque un significativo impatto sulla qualità di vita soprattutto a causa della sintomatologia dolorosa, della riduzione della fertilità e della limitazione nello svolgimento delle attività quotidiane e lavorative. Inoltre, elevati costi socio-sanitari sono stati associati ad uno stadio più severo della malattia, all’ infertilità e ad un maggior numero di anni dalla diagnosi.

 

Diagnosi

La diagnosi di endometriosi ovarica, a dispetto di altre forme della malattia, non presuppone normalmente grosse difficoltà diagnostiche. L’esame ecografico transvaginale (TVS) rappresenta ad oggi, la tecnica diagnostica di prima scelta nello studio dell’endometriosi ovarica e la sua accuratezza diagnostica riportata in letteratura per il riconoscimento degli endometriomi ovarici è molto elevata, garantendo una sensibilità dell’80% e una specificità del 90%. In generale comunque, a causa di una limitata consapevolezza della malattia da parte sia della popolazione generale che di molti operatori sanitari, il ritardo diagnostico si attesta in media intorno ai 7 anni. Esiste quindi la reale necessità di rendere edotte le donne a distinguere la normalità dalla patologia in termini di sintomatologia e di informare tutti i professionisti che possono entrare un giorno in contatto con una donna affetta da endometriosi.

Il sospetto di endometriosi dovrebbe essere preso in considerazione qualora una paziente in età fertile si presenti al medico riferendo una o più delle seguenti condizioni:
sintomi algici tipici (dolore mestruale, dolore durante l’atto sessuale e dolore pelvico cronico);
storia di infertilità;
sintomi gastrointestinali (meteorismo, dolore durante la defecazione, presenza di muco nelle feci, irregolarità mestruali, stipsi, diarrea) eventualmente esacerbati in prossimità e durante il ciclo mestruale;
sintomi urinari (dolore durante la minzione, sangue nelle urine) eventualmente esacerbati in prossimità e durante il ciclo mestruale.
La presenza di uno o più di questi criteri di eligibilità sarà sufficiente al medico curante per indirizzare la paziente a un Centro per la diagnosi e la cura dell’endometriosi.

 

Trattamento dell'endometrioma

Trattandosi di una condizione cronica e progressiva, l’endometriosi richiede una gestione a lungo termine; è pertanto importante considerare le caratteristiche e le esigenze di ogni singola paziente e il profilo di tollerabilità, sicurezza ed efficacia clinica della terapia. Nell’approccio all’endometrioma si deve tenere in considerazione i sintomi, l’età della donna e il relativo potenziale di fertilità e il desiderio di prole. Purtroppo, non esiste ad oggi una cura definitiva che modifichi la storia naturale della malattia. Il trattamento deve essere individualizzato, avendo come obiettivo il miglioramento della sintomatologia dolorosa e della fertilità. Il cardine della terapia è rappresentato dall’utilizzo di farmaci ad azione ormonale somministrati allo scopo di sopprimere l’attività ovulatoria e indurre amenorrea (assenza di mestruazione).
Dopo una prima diagnosi di endometriosi, sia essa clinica o istologica, è sempre necessario iniziare un trattamento ormonale.
In ogni caso, al trattamento ormonale può essere associato l’uso di antidolorifici/antinfiammatori. E’ di fondamentale importanza che la donna sia coinvolta nel processo decisionale tenendo sempre in conto le sue necessità riproduttive.
La chirurgia per endometriosi comprende tutti gli interventi necessari per la stadiazione e trattamento della malattia. La tecnica di scelta è quella mini-invasiva laparoscopica, che permette di porre diagnosi di endometriosi, di formulare una strategia di trattamento e di trattare le complicanze della malattia. L’intervento comporta piccole cicatrici cutanee, minor dolore e ridotta degenza post-operatoria rispetto alla chirurgia “open”.
La stadiazione intraoperatoria viene effettuata utilizzando i criteri della American Society for Reproductive Medicine che si correla inversamente con la prognosi riproduttiva delle pazienti.
L’approccio chirurgico può rivelarsi utile nel trattamento del dolore pelvico resistente alla terapia medica e riveste un ruolo importante nel trattamento dell’infertilità associata a endometriosi.

 

Fisiopatologia / Istologia / Danno ovarico

Esistono e sono state dimostrate specifiche caratteristiche morfologiche e strutturali dell’endometrioma che differiscono sostanzialmente dagli altri tipi di cisti ovariche, responsabili della ridotta riserva ovarica delle pazienti. In primo luogo, a differenza della maggior parte delle cisti ovariche infatti, l’endometrioma non ha una capsula cistica ben definita, è una pseudocisti che si forma per progressiva invaginazione della superficie corticale ovarica. Tra la cisti e la corticale ovarica non esiste quindi una barriera (la pseudocapsula è in realtà l’ovaio stesso). Molecole infiammatorie (specie reattive dell’ossigeno, ferro libero, citochine) ed enzimi proteolitici sono state identificate nel liquido cistico (da 10 a 100 volte di più che negli altri tipi di cisti ovariche e nel siero delle pazienti) e pertanto, dovuto a questa particolare struttura, possono liberamente permeare nella corticale ovarica sana inducendo tossicità cellulare, fibrosi e danno vascolare, riduzione di stroma corticale e quindi ridotta densità follicolare. Tipicamente presenta tessuto fibroso reattivo che determina un ispessimento della superficie corticale ovarica “invertita” o pseudocapsula; non esiste pertanto un piano di clivaggio ben definito. Da un punto di vista istologico l’endometrioma si compone di una componente stromale e di una ghiandolare, differendo leggermente dal tessuto endometriale eutopico dell’utero da un punto di vista moleculare, strutturale, funzionale, morfologico e genetico. Tuttavia il tessuto si può ispessire, proliferiare(mitosi), migrare, formare nuovi vasi sanguigni(angiogenesi), “sanguinare”, e rigenerarsi in risposta al ciclico trigger ormonale che causa la mestruazione. A differenza delle cellule endometriali eutopiche, i prodotti generati non sono in grado di essere eliminati, accumulandosi e crescendo in questo modo all’interno dell’endometrioma. In aggiunta, le cellule endometriosiche presentano una marcata resistenza intrinseca alla morte cellulare programmata (apoptosi) che si verifica normalmente e ciclicamente nelle cellule endometriale eutopiche, come parte della mestruazione. Una riduzione nell’apoptosi infatti è causa della persistenza di uno stato di attivazione biologica e patologica di anormale proliferazione che caratterizza le cellule endometriosiche. Esiste anche una marcata resistenza al sistema immune che insieme ad un’aumentata capacità proliferativa permetterebbe lo sviluppo e la progressione dell’endometriosi ovarica. Inoltre una vasta gamma di disfunzioni molecolari sono state ampiamente dimostrate ed individuate nel tessuto endometriosico: ridotta risposta al progesterone, aumentato numero di recettori estrogenici, anormalità nelle molecole di adesione molecolare(CAMs), elevati livelli di metalloproteinasi della matrice, aumentati livelli di prostaglandine E2, espressione aberrante dell’aromatasi.

 

Strategie chirurgiche: stato dell’arte e nuove prospettive

Il trattamento dell’endometrioma dovrebbe essere personalizzato e la scelta tra approccio chirurgico e/o medico dovrebbe considerare una serie di fattori, tra cui età della donna, desiderio di prole, infertilirà, dimensioni della cisti e l’impatto della malattia sulla qualità di vita della paziente. Il trattamento chirurgico dell’endometrioma trova indicazione nel caso in cui i sintomi siano o diventino resistenti alla terapia medica, o nei casi in cui le dimensioni aumentino o siano superiori ai 3-4cm di diametro nelle pazienti infertili. Il trattamento chirurgico, indipendentemente dal tipo ti tecnica utilizzata, sembra incrementare il tasso di gravidanza spontanea: le pazienti trattate chirurgicamente, infatti hanno mostrato un incremento del 50% dei tassi di gravidanza spontanea a 1-2 anni dalla chirurgia.
L’approccio chirurgico meno invasivo è sempre da preferire. La laparoscopia risulta quindi la metodica di scelta, poiché diminuisce i costi, la morbidità e l’incidenza di aderenze postoperatorie rispetto alla laparotomia.
Un’altra variabile da tenere in considerazione è il tipo di tecnica chirurgica per il trattamento dell’endometrioma. Il trattamento chirurgico più appropriato, quando indicato, è ancora oggi controverso e oggetto di discussione. Esiste un grande dibattito in letteratura su quale sia la metodica più appropriata per preservare l’outcome riproduttivo della donna e allo stesso tempo garantire un basso indice di recidiva.
Attualmente, l’enucleazione laparoscopica mediante stripping della cisti endometriosica è il trattamento raccomandato dalle linee guida nazionali ed internazionali. La tecnica di stripping prevede l’individuazione ottimale del piano di clivaggio tra cisti e parenchima per la corretta escissione dell’endometrioma. Il rischio associato a questo tipo di procedura è l’escissione di tessuto ovarico sano. Studi recenti hanno dimostrato come la tecnica laparoscopica di stripping sia associata ad una riduzione della riserva ovarica delle pazienti. Ricercatori italiani hanno infatti dimostrato come una parte di tessuto ovarico contenente follicoli primordiali è rimossa in più del 50% dei casi e che questa sia inversamente proporzionale all’esperienza chirurgica dell’operatore stesso.
La preoccupazione per il danno alla riserva ovarica legata all’asportazione di tessuto ovarico sano insieme alla capsula cistica ha portato all’introduzione di tecniche chirurgiche alternative, come la chirurgia ablativa con CO2 laser, che ha come intento principale di preservare la funzionalità ovarica, di conservare la riserva follicolare ma anche di rendere la procedura riproducibile oltre che più rispettosa del tessuto ovarico senza pagarne in termini di recidiva di malattia. Da circa 4 anni il Prof. Candiani e la sua equipe, unici attualmente in Italia, hanno introdotto questo approccio chirurgico che consiste nella vaporizzazione con la fibra laser CO2 della componente funzionale della cisti stessa. Più precisamente, il contenuto cistico viene drenato, in modo tale da esporne la superficie interna, che viene successivamente vaporizzata con il laser. Questa tecnica risulta essere molto precisa, altamente riproducibile, e non necessita di uno specifico training chirurgico (al contrario della tecnica di stripping comunemente utilizzata)1. Inoltre a differenza della tecnica tradizionale di enucleazione non comporta alcun danno a livello della corticale ovarica circostante all’endometrioma. Un recente studio clinico condotto dal gruppo del San Raffaele, ha dimostrato i benefici del trattamento laser sulla riserva ovarica rispetto alla tecnica standard (stripping)2. Inoltre, sono stati recentemente pubblicati dati rassicuranti anche sui tassi di recidiva a lungo termine dopo la vaporizzazione laser degli endometriomi3. Il tasso di recidiva è stato infatti dimostrato essere sovrapponibile alle pazienti trattate con la tecnica di stripping standard.
In conclusione, la vaporizzazione con laser CO2 sembra essere una tecnica promettente nel trattamento dell’endometriosi ovarica e nella preservazione della riserva ovarica in quanto capace di trattare le lesioni in maniera efficace e con tassi di recidiva sovrapponibili alla tecnica standard.

 

 

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