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Dolore pelvico cronico non endometriosicoDefinizione:

Si definisce Dolore Pelvico Cronico la presenza di un dolore indipendente dal ciclo mestruale (ciclico o non ciclico) di durata superiore a sei mesi che si localizza nella pelvi anatomica, a livello della parete addominale anteriore al di sotto e in sede ombelicale, in sede lombosacrale; il dolore inoltre deve essere sufficientemente grave da causare disabilità funzionale o da richiedere trattamento medico o chirurgico (American College of Obstetric and Gynecology, 2004).

L'endometriosi è una delle cause del Dolore Pelvico Cronico (Chronic Pelvic Pain), pensare che "Tanto di dolore non si muore" è una delle affermazioni più sbagliate che possiamo fare, o sentirci dire.

Con la Legge 15 Marzo 2010 n. 38 ed il percorso legislativo dal 1998 al 2012 (www.salute.gov.it)
Finalmente viene tutelato il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. (G.U. Serie Generale , n. 65 del 19 marzo 2010).

Il dolore cronico, in generale, ha un impatto devastante su coloro che stanno soffrendo.

Non solo hanno una condizione medica, ma fare i conti con l'impatto sociale ed economico sui malati e sulla società è enorme. (secondo il "Indagine del dolore cronico in Europa: la prevalenza, l'impatto sulla vita quotidiana, e il trattamento" di Breivik H, Collett B, Ventafridda V, Cohen R, Gallacher D e pubblicato nella European Journal of Pain 2006; 10 (4) :287-333 (11).


Neuropatologia del dolore

Il dolore può rappresentare un importante campanello di allarme nel caso di danno tissutale.  La sorgente di stimoli dolorifici può essere ovunque nell’ambito della finestra sensoriale della pelvi fra cui la vescica, il peritoneo (es. endometriosi), il colon (es. sindrome del colon irritabile) o l’area vulvo-vaginale (es. vulvodinia)
Sono diversi i meccanismi neurofisiologici coinvolti nella patofisiologia del dolore pelvico cronico. Il dolore cronico può essere suddiviso in nocicettivo (proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose della sensibilità dolorifica) o non nocicettivo. Nel primo caso il sintomo origina dalla stimolazione delle strutture della sensibilità dolorifica e in questo caso per alleviare il dolore bisogno rimuovere la causa periferica, mentre solo in un secondo momento si potrà ricorrere all'interruzione delle vie nervose afferenti.; nel secondo caso, il dolore viene considerato neurogeno, (causato da un processo patologico organico interessante le vie nervose afferenti) o psicogeno. Il dolore nocicettivo può essere ulteriormente suddiviso in somatico o viscerale. Il dolore somatico quando prende origine dalla parete addominale e dalla muscolatura, ossa e articolazioni pelviche. Generalmente questo tipo di dolore è ben localizzato e generalmente descritto come acuto. Il dolore viscerale origina dagli organi intraperitoneali e viene trasmesso dal sistema nervoso autonomo. Viene comunemente descritto come poco localizzato e è frequentemente associato a fenomeni come nausea, vomito e sudorazione. Bisogna tenere presente che tra i vari sistemi, riproduttivo, urinario ed intestinale si instaurano complesse interazioni che coinvolgono il sistema nervoso. Un processo infiammatorio o congestizio sviluppatosi negli organi genitali può aumentare il dolore a carico dei visceri, della cute e della muscolatura che condividono i medesimi segmenti del midollo spinale, fenomeno definito come iperalgesia viscero-viscerale. 
Il dolore da neuropatia deriva da un danno diretto alle vie nervose centrali e/o periferiche e può essere causato da patologie come per esempio il diabete e l'herpes zoster. Esso ha un carattere urente, tipo "scossa elettrica" o "formicolio" e può essere scatenato anche soltanto da una lieve stimolazione tattile. I meccanismi del dolore da neuropatia sono di vario tipo: le fibre afferenti primarie interessate da una lesione, inclusi i nocicettori, divengono estremamente sensibili alla stimolazione meccanica e iniziano a generare impulsi anche in assenza di stimolazione, attivandosi spontaneamente. Le fibre nervose sensitive lese possono anche sviluppare una ipersensibilità alla noradrenalina rilasciata da neuroni simpatici post-gangliari e ciò determina un dolore di tipo "bruciore" o "pugnalata" poco sensibile ai farmaci analgesici, ma che risponde elettivamente al blocco del sistema simpatico; questo dolore si manifesta con una latenza di ore, giorni o anche settimane rispetto all'applicazione del danno nervoso (causato da fratture ossee, traumi dei tessuti molli, infarto miocardico).
Quando non è possibile identificare una causa organica di dolore, deve essere presa in considerazione un’ origine psicogena del sintomo. Il dolore psicogeno si presenta con intensità ed invalidità sproporzionate rispetto alla causa somatica identificabile ed è correlato ad una tendenza più profonda al comportamento anomalo da malattia (sindrome dolorosa cronica di origine non neoplastica). Alcuni di questi pazienti non presentano alcuna malattia organica ed i loro disturbi possono pertanto essere classificati fra le cosiddette forme di somatizzazione. E’ infatti noto che fattori psicologici e comportamentali possono contribuire all’esperienza del dolore. Se le pazienti sono incapaci di gestire le esperienze alla base dell’espressione emotiva e dei rapporti interpersonali, esse possono “imparare” a esprimere il dolore emotivo in termini fisici. La prevalenza di stati depressivi è alta fra le pazienti con dolore pelvico cronico, stimata tra il 30 e il 45% rispetto a quella riferibile alla popolazione generale che si aggira tra il 5 e il 17%. E’ tutt’ora poco chiaro se l’associazione tra il dolore e la depressione si correli con la diagnosi specifica del dolore o se correli maggiormente con la presenza di patologie croniche dal momento che un alto tasso di stati depressivi si riscontra in caso di condizioni mediche croniche severe. I disordini della personalità hanno un impatto importante sulla reazione comportamentale al dolore e sono predittivi in senso negativo della risposta alla terapia. 
Nell’ambito della neuropatologia del dolore pelvico cronico, va tenuto presente che quando si tratta una di queste pazienti devono essere ricercati piu’ fattori capaci di generare dolore. Bisogna anche aspettarsi che queste pazienti sviluppino una stimolazione neuropatica del processo sensoriale. Questo spiega perché un processo altrimenti fisiologico come l’ovulazione possa determinare un’acutizzazione del dolore. 
E’ questo concetto che è alla base della necessità di identificare tutti i potenziali generatori di dolore in queste pazienti e di non dare per scontato che uno stato aderenziale o pochi foci di endometriosi possano rappresentare per certo l’origine di tutto il problema.


Epidemiologia e impatto sociale

La prevalenza del dolore pelvico cronico è approssimativamente del 15-20% in donne di età compresa tra i 18 e i 50 anni. E’ stato calcolato che il dolore pelvico cronico rappresenta nel 39% la causa per cui una donna si rivolge ai servizi di medicina di base e il 10% dei motivi di invio al ginecologo. Il dolore pelvico cronico è indicazione a eseguire il 12% delle isterectomie e più del 40% delle laparoscopie diagnostiche. 
Studi demografici hanno dimostrato che le donne che soffrono di dolore pelvico cronico non presentano differenze età, razza, etnia e livello socio-economico rispetto alle donne che non presentano tale sintomo.


Eziologia

Molto spesso la causa del dolore pelvico cronico è difficilmente identificabile e spesso multifattoriale. Concorrono a determinare dolore pelvico alterazioni a carico dell’apparato  riproduttivo, urinario, gastrointestinale, muscolo scheletrico, neurologico (sistema nervoso centrale e/o periferico) oltre che alterazioni di origine psicologica. 
La Tabella 1 presenta le principali patologie associate a dolore pelvico cronico di origine ginecologico  e non ginecologico. 
Non è nota la quota di donne con dolore pelvico cronico la cui causa sia conosciuta. Uno studio anglosassone riporta che il dolore pelvico cronico è più frequentemente associato a disturbi urinari (30.8%) e gastrointestinali (37.7%) rispetto che a problemi ginecologici (20.2%).  La maggior parte delle donne con dolore pelvico cronico presenta più di una patologia che può determinare dolore; il 25-50% delle donne che ricevono assistenza medica in centri di primo livello presentano più di una diagnosi. 
La contemporanea presenza di più fattori causali che coinvolgono più apparati determina un dolore di maggiore intensità rispetto al dolore causato dall’alterazione di un singolo apparato. Infatti la percentuale di donne che riferiscono dolore pelvico cronico di intensità da moderata a severa è del 43% in assenza di sintomi urologici e gastrointestinali associati e del 71% in presenza degli stessi. Il coinvolgimento dell’apparato urinario e gastrointestinale allo stesso modo determina un maggior rischio di dismenorrea (81% vs 58%) e di dispareunia (41% vs 14%). Tra le cause di dolore pelvico cronico, le più frequentemente diagnosticate sono a parte l’endometriosi, aderenze da pregressi interventi chirurgici, varicocele pelvico, cistite interstiziale e colon irritabile.

TABELLA 1

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Aderenze post operatorie

La presenza di aderenze in sede pelvica può originare da salpingiti, PID, endometriosi, oppure da trauma fisico-chimico conseguente a pregressa chirurgia. Le aderenze si riscontrano nel 25-50% delle donne con dolore pelvico cronico, ma non è ancora precisamente definito quale ruolo possano avere nella genesi del dolore. Confrontando 3000 donne con dolore pelvico cronico con un gruppo controllo di più di 2000 donne, la percentuale di aderenze diagnosticate è stata rispettivamente del 36% e del 15%. Quindi resta da definire se l’associazione aderenze-dolore sia causale o casuale.
E’ stato ipotizzato che il dolore sia presente quando le aderenze intraperitoneali determinano il sovvertimento dei normali rapporti anatomici oppure quando attività fisica o rapporti sessuali causano lo stiramento del peritoneo o della sierosa viscerale nel punto dove l’aderenza si fissa. Maggiore è la dimensione e la vascolarizzazione delle aderenze, maggiore è l’associazione con il dolore. Il peritoneo, infatti, se sottoposto a trazione o a stiramento determina dolore come conseguenza dell’attivazione di nocicettori a livello del tessuto aderenziale e degli organi pelvici. E’ infatti interessante sottolineare che il tessuto aderenziale contiene fibre nervose. Tuttavia tale riscontro non può essere prova del meccanismo causale del dolore poiché è noto che la percezione del dolore necessita di un collegamento completo e complesso tra rete neurale e sistema nervoso centrale ed inoltre tessuto nervoso è stato ritrovato in tessuti aderenziali sia di pazienti che riferivano dolore sia in donne che non accusavano tale sintomo.


Varicocele pelvico

La sindrome da congestione pelvica è un insieme di sintomi algici associata alla presenza di varici ovariche e pelviche a carico della vena iliaca interna dovute ad insufficienza venosa e congestione venosa in sede pelvica. Non è noto il meccanismo patogenetico, ma è stato ipotizzata una associazione con fattori psicologici, sessuali, genetici e biologici. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che il varicocele pelvico è riconosciuto come unica causa del dolore pelvico cronico nel 30% dei casi e come concausa nel 12% dei casi. Soysal e collaboratori hanno analizzato un campione di donne con dolore pelvico cronico mediante ecografia e flebografia ed al momento della laparoscopia diagnostica confrontandolo con un gruppo di donne senza dolore sottoposte a laparoscopia per sterilizzazione tubarica.  Nel 31% dei casi del gruppo di donne con dolore la congestione venosa è apparsa l’unica anomalia presente, per altro mai riscontrata nel gruppo controllo. Alla base della congestione venosa pelvica vi è una insufficienza e reflusso venoso del plesso venoso pelvico conseguente a fattori anatomici ed ormonali. La causa del dolore è ancora da spiegare, tuttavia si pensa che la dilatazione vasale con la concomitante stasi possa stimolare la secrezione di sostanze ad azione dolorifica locale.


Cistite interstiziale

La cistite interstiziale è una delle poco note condizione di infiammazione cronica della vescica la cui causa è sostanzialmente sconosciuta. Si stima una prevalenza negli USA compresa tra 10 e 67/100.000 con un rapporto femmina/maschio di 10 a 1. La cistite interstiziale è caratterizzata dalla presenza di dolore cronico e senso di peso in sede sovra pubica, perineale e vaginale associato a urgenza minzionale, pollachiuria e nicturia, in assenza di una causa ben definita. Spesso l’esacerbazione del dolore è conseguente ad un rapporto sessuale. La frequenza minzionale è pari a 8-15 volte al giorno con un volume medio di 70-90 ml. La cistite interstiziale può essere diagnosticata in donne di ogni età con maggiore frequenza nella classe di età compresa tra i 42-46 anni e si manifesta sintomatologicamente dopo i 35 anni. I sintomi mimano quelli da infezione del basso tratto urinario, ma gli esami colturali sono sempre negativi. Nel 10-15% dei casi vi è un associazione con una vescica iperattiva. Di recente è stata dimostrata la coesistenza di cistite interstiziale con endometriosi. Tuttavia non va dimenticato che la presenza di endometriosi a carico del detrusore vescicale può determinare sintomatologia molto simile alla cistite interstiziale. 


Sindrome del colon irritabile

La sindrome del colon irritabile è una alterazione della motilità intestinale che colpisce circa il 15% degli uomini adulti con un rapporto femmina/maschio di 2:1. La causa è sconosciuta e la patogenesi multifattoriale comprendente alterazione della motilità intestinale, ipersensibilità viscerale e fattori psicosociali. L’origine del dolore è imputabile a meccanismi centrali coinvolgenti il sistema nervoso centrale, sia periferici a carico del tratto gastrointestinale.  Numerosi fattori come batteri, tossine, virus e parassiti possono attivare le cause del dolore.  I pazienti presentano dolore addominale e disagio, flatulenze e alternanza dell’alvo (diarrea e stipsi). I sintomi caratteristici di tale sindrome sono riferiti molto spesso da pazienti con dolore pelvico cronico e molti pazienti si rivolgono al ginecologo al posto che al gastroenterologo. Spesso infatti si verifica che al posto del colon irritabile venga erroneamente posta una diagnosi di patologia ginecologica; trae in inganno la sintomatologia comune della sfera gastrointestinale e ginecologica. Il colon irritabile infatti può essere associato a dispareunia e i dolori intestinali peggiorare durante il ciclo mestruale.


Raccolta anamnestica

In presenza di dolore pelvico cronico vanno considerati i principali fattori di rischio (malattia infiammatoria pelvica, endometriosi, cistite interstiziale, colon irritabile, storia ostetrica, pregressa chirurgia, alterazioni muscolo scheletriche) ed analizzate tutte le possibili condizioni ginecologiche e non ginecologiche associate a tale sintomatologia, come mostra la Tabella 1. Lo studio diagnostico non può inoltre prescindere a volte da una valutazione collegiale di più specialisti. La storia ostetrica va ben indagata. Numerose condizioni della gravidanza e relative al parto possono, infatti, aver compromesso l’apparato muscolo scheletrico e causare dolore pelvico cronico: lordosi lombare esacerbata dalla gravidanza, parto di feto macrosoma, parto prolungato o che ha necessitato di forcipe o ventosa. L’anamnesi ostetrica muta (assenza di gravidanze) può essere dovuta a problemi di infertilità spesso associati a dolore pelvico cronico in caso di endometriosi, malattie infiammatorie pelviche o sindrome aderenziale pelvica. Una pregressa chirurgia in sede addominopelvica va ben indagata poiché può essere causa di dolore pelvico cronico (osteiti secondarie ad interventi di correzione dell’incontinenza urinaria, frammenti di calcoli alla colecisti non asportati, stenosi cervicale).   
Il sintomo dolore deve essere ben studiato valutandone la localizzazione, il tempo e la modalità di comparsa, le condizioni che peggiorano o migliorano il dolore, le caratteristiche specifiche, la durata e la sua relazione con il ciclo mestruale. L’utilizzo di questionari specifici può essere di notevole ausilio al clinico per ottenere precisi dettagli della sintomatologia e per aiutare il paziente a meglio quantificare il sintomo. Il paziente va invitato a identificare correttamente la sede del dolore e a fornire una mappa delle eventuali irradiazioni. Spesso si utilizzano figure del corpo umano e si chiede al paziente di disegnare l’area del corpo interessata dal dolore. La distribuzione spaziale del dolore può aiutare ad identificare se l’origine è non viscerale (esempio distribuzione dei dermatomeri). Il dolore di origine viscerale è invece più difficilmente localizzabile e poco differenziabile se di origine ginecologica, urologica o intestinale. La mancata localizzazione del dolore è spesso associata ad una origine psicogena della malattia.
L’intensità del dolore può essere correttamente indagata mediante scale analogiche che permettono di associare al dolore un numero (da 0 a 10) oppure un giudizio in relazione alle limitazioni nella normale attività giornaliera associate. Tale metodo permette anche di valutare e confrontare l’andamento del dolore nel tempo per esempio in relazione ad una terapia eseguita. La durata del dolore e la sua caratterizzazione temporale in relazione a varie condizioni (ciclo mestruale, minzione, etc) possono aiutare nella diagnosi. Sebbene il dolore con caratteristiche cicliche è spesso di natura ginecologica, non va dimenticato che altre condizioni non ginecologiche come ad esempio la sindrome del colon irritabile e la cistite interstiziale spesso presentano un peggioramento della sintomatologia algica in fase premestruale. La presenza di dismenorrea grave è maggiormente predittiva di endometriosi rispetto alle sue forme più lievi. La dispareunia può essere associata a endometriosi, disfunzioni del pavimento pelvico, cistite interstiziale (dispareunia profonda) o vulvodinie-vulvovestibuliti (dispareunia superficiale). Domande mirate a conoscere storie pregresse di infezioni sessualmente trasmesse e/o dolore pelvico possono essere indicative di infezione pelvica cronica. Vanno inoltre indagati in maniera puntuale i sintomi urinari (disuria, urgenza minzionale, frequenza, nicturia ed eventuali esiti di pregressi esami colturali in modo da poter eventualmente orientare la diagnosi in ambito urologico. Allo stesso modo l’indagine anamnestica deve contemplare anche la conoscenza dell’alvo della paziente. Va infatti considerato che la sindrome del colon irritabile si associa al dolore pelvico cronico nel 65.79%. la presenza di diarrea e stipsi, distensione addominale, dolore esacerbato dalla peristalsi e la sensazione di incompleta evacuazione dopo aver defecato può suggerire la presenza di sindrome del colon irritabile.  
Un’indagine mirata a valutare alcuni aspetti della sfera psicosociale deve essere sempre considerata a completamento della fase anamnestica. La depressione è associata a maggiore intensità del dolore in donne con dolore pelvico cronico. E’ stata inoltre dimostrata un’associazione tra storia di precedenti abusi sessuali e dolore cronico e quindi è necessario indagare con domande mirate se la donna ha o ha avuto problemi familiari o con il partner richiedendo ove necessario l’intervento di psicologi.


Bibliografia

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